Intervista Rosa Maria Vitola a Fabrizio Scomparin e Stefano Nasti
Intervista a Fabrizio Scomparin e Stefano Nasti, soci fondatori dell’Associazione Culturale “Kaos 48” di Napoli, a cura della dott.ssa Rosa Maria Vitola, funzionario per la promozione e comunicazione – Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, in occasione della mostra di arte contemporanea Kaos antitesi del silenzio organizzata dall’Associazione Kaos 48 in collaborazione con la SABAP di Salerno e Avellino nell’ex Carcere Borbonico di Avellino.
Rosa Maria: Dopo i convenevoli e qualche foto di rito, Fabrizio e Stefano iniziano a raccontarsi e a riflettere sulla loro comune crisi di mezza età. Amici di infanzia le loro vite hanno preso strade diametralmente opposte per poi ricongiungersi in età matura quando, empaticamente, hanno sviluppato la stessa esigenza di trovare risposte ai loro turbamenti interiori attraverso la riscoperta dell’essere e dell’arte.
Stefano: Mi sono accorto che mancava qualcosa, ho sempre vissuto di tecnologie, ho approfondito anche abbastanza verticalmente quello che è la parte relativa proprio all’esistenza dell’uomo, dell’universo, della materia, l’ho sempre trattata con la matematica e la fisica e mi sono accorto che c’era qualcosa che non funzionava. La visione meccanicistica dell’universo era povera, incompleta, e da lì è nata una profonda curiosità.
Rosa Maria: Le regole, la matematica, la fisica, non ti appagavano, non ti davano più le risposte di cui aveva bisogno…
Stefano: Più andavo a fondo e più c’era questo vuoto e proprio questo mi ha spinto a cercare una visione più ampia dell’arte, però poi ho scoperto di essere profondamente ignorante, di essere lontanissimo e quindi è nata una ricerca, uno studio approfondito della conoscenza di tutto quello che era intorno all’uomo. Noi esistiamo in quanto tutto viene filtrato dall’essere, invece abbiamo questa nostra base istintiva, l’esistenza ancestrale è il luogo dove le nostre emozioni vengono tradotte. Anche grazie alla mia collaborazione con le aziende Canon e Fuji entro in contatto con grandi maestri dell’arte della fotografia. Ho studiato ingegneria, mi sono occupato di elettronica per tutta la mia vita, poi di ottica, ho sempre lavorato nel campo della tecnologia. Una delle ultime cose che ho fatto, ho lavorato per la procura e la Digos di Napoli per dei progetti su grandi eventi. Ho ideato un sistema, che loro chiamavano il grande fratello, che permetteva di monitorare grandi aree e grandi pubblici in modo molto particolare.
Rosa Maria: Un contesto lontano da quello dell’arte.
Rosa Maria: Un contesto lontano da quello dell’arte.
Stefano: Assolutamente diverso, poi è nata questa consapevolezza, di cui parlavo prima, che mancava qualcosa, questa fame di conoscenza verso me stesso, un vuoto da colmare, soprattutto dal punto di vista dell’empatia, dell’emozione. Ho voluto curare la mia capacità empatica perché non mi ci ritrovavo in questo mondo.
Rosa Maria: Quanto tempo fa è sorta questa esigenza?
Stefano: Una decina di anni fa. Fino a quel momento non c’era mai stato un approccio con l’arte. Ho sempre fatto fotografia però secondo me ero molto lontano, lontanissimo; non che oggi sia vicino, però ero perso, adesso forse ho iniziato a trovare la via, una via già intrapresa con la vicinanza per motivi di lavoro con i grandi artisti della fotografia. Incontrare poi Fabrizio mi ha permesso di entrare nella vita di Lucio Amelio e di pormi così nuove domande, rendendo più maturo questo percorso.
Rosa Maria: Nell’arte hai trovato le risposte che cercavi?
Stefano: Penso di si, la risposta è l’arte. Sono affascinato soprattutto dal pensiero di Joseph Beuys, in cui mi ci ritrovo tantissimo. Lui subì in un primo momento tutta l’influenza della cultura e dell’indottrinamento nazista, poi scoprì che c’e’ l’universo, la gente, la circolarità della natura. Quello di cui noi oggi abbiamo bisogno è tornare alla centralità dell’uomo e soprattutto alle cose importanti della vita. Tutti stiamo avendo la sensazione di essere fuori posto, di essere scollegati dalla vita e noi di Kaos 48 pensiamo che l’arte possa essere il lumino, il faro che, come nell’ abbrivio della navigazione, ci possa portare alla riscoperta dell’essere.
Rosa Maria: Il percorso comune agli amici di kaos, a Fabrizio, ti ha reso più consapevole e ha agevolato il cammino verso il faro della verità e dell’arte?
Stefano: pienamente perchè ho un mondo infinito di sensazioni ma soprattutto l’allenamento ad andare su una strada diametralmente opposta a quella che la società’, i grandi media ci propongono. Noi viviamo in un mondo dove veniamo osservati, controllati. Tutto si sa su di noi e ci indottrinano con strumenti quali Tik Tok, Whatsapp, etc etc. Anche io sono una vittima di queste cose, ci cado anche un po’ volutamente per capire. Dobbiamo uscire da questo mondo che facilita lo sviluppo dell’ego. La soluzione è andare in presenza anche attraverso la cultura e tornare ad emozionarsi davanti ad un’opera d’arte. Con Fabrizio da ragazzi siamo cresciuti insieme e grazie a Pier Paolo, altro amico nostro che oggi risiede negli Stati Uniti ed è un grande ricercatore medico, un pezzo da novanta nell’ambito della ricerca sul cancro, ci siamo ricollegati.
Fabrizio: Ho fatto degli studi classici, in seguito ho deciso di intraprendere studi scientifici all’università che mi hanno portato a tutt’altro. Dal punto di vista lavorativo sono sempre stato molto irrequieto. Per 12 anni ho fatto l’agente immobiliare con 2 agenzie, un bel lavoro direi ma un giorno mi sono reso conto che mi annoiavo, ho chiuso tutto da un giorno all’altro e ho cambiato lavoro. In seguito ho iniziato a fare un lavoro ancora più tecnico, 10 anni con Telecom e altre compagnie. Mi occupavo della progettazione della linea dati per le aziende realizzando ottimizzazioni e miglioramenti di linee dati e telefoniche. Dopo 10 anni ho detto basta anche stavolta. Una mattina mi alzai, mi guardai allo specchio e mi dissi: “non mi piaccio”. Dovevo fare qualcosa e decisi di cambiare tutto, chiusi la partita iva. Ho pensato: in questo momento posso sperimentare, faccio un anno sabbatico. In questo periodo ho rincontrato Stefano. Per tutta la mia vita sono stato, prima mio malgrado e poi dopo piacevolmente, coinvolto nel mondo dell’arte. Basti pensare che sono stato concepito a Barcellona quando mia mamma e mio padre sono andati a recuperare Lucio Amelio che era caduto e si era rotto il femore. Quest’uomo nella mia vita ha cominciato ad essere presente ancor prima che io nascessi, gia questa è una cosa particolare.v Rosa Maria: Parlaci di Lucio Amelio.
Fabrizio: Lucio Amelio era il fratello di mia mamma Giuliana, una famiglia di 4 sorelle e 1 fratello, ed e’ stato uno dei più grandi galleristi dell’arte contemporanea degli anni 70/ 80 fino agli inizi degli anni 90. Ha creato eventi, emozioni, non ha fatto il semplice gallerista, non era solo un mercante ma era uno scopritore di talenti, un uomo molto geniale e creativo. Agli inizi della sua carriera, ma direi anche durante tutto l’arco della sua vita, frequentava molto casa di mia madre, con cui aveva un legame empatico molto forte. Quando avevo 5 anni spiegava a me ed a mia sorella Rossella che i quadri non si appendono al muro ma necessitano di un’installazione. Io a 5 anni non è che riuscissi a cogliere ciò che mi voleva trasmettere, poi con gli anni tutto pian piano, è riaffiorato. Alla fine degli anni 60, a quell’epoca lui cominciava quella che si rivelò poi essere la sua splendida avventura artistica, e fino ai 13-14 anni non riuscivo a comprendere appieno, in apparenza, gli stimoli che mi giungevano da quest’uomo, perché ero preso dalle problematiche dell’età. Lui si presentava la domenica a casa in media alle 4 del pomeriggio, spesso anche con il buio, facendoci cenare più che pranzare ostacolando quelli che erano i miei programmi adolescenziali della domenica. Ora lo ringrazio. A 14 anni mi ha portato a vedere la Gatta Cenerentola, quella storica con Concetta Barra. Mi ricordo ancora adesso come la interpretarono, il ricordo mi è rimasto indelebile e pertanto gli sarò eternamente grato. Poi piano piano ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo, ho iniziato a guardarli questi quadri, finalmente, perché io prima non li guardavo e soprattutto ho cominciato a vedere gli artisti in una forma differente, perché venivano a mangiare a casa di mia madre e mio padre ed io mi nutrivo del loro pensiero, o almeno ci provavo. Nonostante questa inconsapevole formazione artistica, rimasta silente dentro di me dai 12 ai 30 anni, una cosa la dicevo sempre non farò mai quello che fa mio zio. In seguito ho capito che quello che effettivamente ha realizzato, era qualcosa di irripetibile, un po’ per i tempi, un po’ per la sua genialità. Negli anni ’80 ci fu l’incontro di Lucio Amelio con Beuys e Warhol a Napoli. Al City hall, noto locale del geniale Dino Luglio, ci fu l’incontro post mostra dove anch’io, adolescente, partecipai senza capire fino in fondo cosa stessi vivendo. Dopo i 20 anni ho iniziato a rendermi conto dell’esperienza fatta con lui, ma purtroppo la malattia se lo portò via troppo presto, più o meno io avevo 30 anni, ma comunque per un motivo o per un altro, il mio rapporto con l’arte continuò, anche attraverso mia madre che in qualche modo si è trovata investita insieme alle sue sorelle Anna e Lina, nella gestione di un patrimonio artistico e morale che l’uomo Lucio Amelio aveva comunque lasciato: poi, qualche fa, io e Stefano ci incontrammo di nuovo e da qui parte tutto.
Rosa Maria: Quindi il vostro sodalizio artistico nasce?
Fabrizio: Nasce 3 anni fa.
Rosa Maria: e da questo sodalizio nasce l’associazione Kaos 48…
Fabrizio: Innanzitutto fu pensato, perchè noi abbiamo passato intere nottate a parlare.
Stefano: Kaos 48 adesso è un’associazione, ma in realtà è un movimento.
Rosa Maria: Un movimento artistico che nasce evidentemente da un’idea rivoluzionaria di rottura con il passato e con il mondo circostante: fare “o quarantotto”.
Fabrizio: Si perchè di notte tra un drink e l’altro, durante serate nel Lounge Bar che Stefano ha al Centro Direzionale di Napoli, abbiamo fantasticato, con la mente prima e progettato nella realtà poi, Kaos 48.
Stefano: Si tratta di un’Art Visual House che è in fase di trasformazione. Lo trasformeremo in una gastronomia però con all’interno una galleria d’arte: il tutto con pochi tavoli quindi non a scopo di lucro, ma una factory vera e propria dove le persone come noi si possano incontrare e stare insieme.
Fabrizio: Di notte quindi parlavamo e Stefano fece una domanda che mi hanno fatto centinaia di persone: perché tu non hai mai proseguito l’attività di tuo zio? Io non ho mai risposto a nessuno perché per me la risposta era ovvia, cioè non puoi ripetere le gesta di un uomo che è stato cosi grande. Poi parlando parlando, stimolando le corde giuste, perchè ci stimolavamo a vicenda, abbiamo scoperto che si poteva fare qualcosa inerente all’arte, anche se in maniera diversa, non facendo la classica galleria.
Rosa Maria: In effetti riprendere e proseguire l’attività di zio Amelio esattamente da dove era stata interrotta, per giunta senza il suo genio, e riproporla in tempi e situazioni artistiche diverse non sarebbe stata una scelta appropriata, in contrasto evidentemente anche con il progetto rivoluzionario alla base del vostro movimento.
Stefano: Un po’ quello che fanno ormai tutti, ce ne sono già troppi.
Fabrizio: Tutti e due concordammo sul fatto che oggi non c’è movimento, è tutto statico, ci si limita spesso a fare solo il commercio sul preesistente, non cercando nuove correnti, nuovi stimoli. L’artista spesso non ha un ruolo centrale, limitandosi solo a mere, ma forse anche giuste, questioni di mercato. Per noi l’artista deve tornare ad avere un ruolo creativo e poi viene tutto il resto. Per realizzare ciò l’unico modo è quello di affermare il concetto di condivisione delle idee. La condivisione perché unendo creatività per aree di competenza, significa fare meglio e prima. Conta il risultato e non l’egocentrismo che facilmente potrebbe emergere. Poi “‘o quarantotto” per due motivi, uno “facimm o quarantotto’’ e poi perche’ 48 significa ‘’o morto che parla’’. Napoli, non a caso, è una citta che viene data sempre per morta ma parla sempre; quindi noi vogliamo continuare a parlare perché non ci sembra giusto stare zitti e farci scivolare tutto.
Stefano: Soprattutto raccogliere le voci di quelli che si sentono isolati.
Rosa Maria: Sappiamo infatti che nel campo dell’arte è estremamente complesso farsi spazio, far sentire la propria voce: anche questo è una rivoluzione.
Stefano: Guarda noi andiamo ancora più nel profondo, sulla manifestazione dell’uomo, la centralità, siamo noi il nostro pensiero anche di come ci poniamo di fronte al creato, ed ecco Beuys che ha un punto di vista molto interessante, potrebbe essere la salvezza del mondo.
Rosa Maria: Beuys è l’artista che più di tutti torna nei vostri racconti. E’ il vostro più autorevole punto di riferimento artistico?
Fabrizio: E’ stato l’artista che più in assoluto ha frequentato mio zio, innamorato anche lui di Capri come Lucio, sepolto a Capri non a Napoli per sua scelta, affermando infatti che Napoli non lo meritava e forse aveva anche ragione. Tornando a Beuys, la prima volta che e’ venuto a mangiare a casa di mia madre ho pensato questo e’ un pazzo, se lo guardavi con l’ottica dell’uomo di tutti i giorni, quindi superficialmente, non coglievi la sua profondità: basti dire che prima aveva fatto parte dei giovani nazisti poi abbracciò la sinistra radicale estrema, infine diventò un Verde convinto e poi infine disse che la politica era una merda e che se l’uomo non si libera della politica non può essere un essere libero. Beuys era un estremo concettuale quindi ci voleva un pò per capirlo. Nella Capri Batterie, opera di Beuys formata da una lampadina gialla un porta lampada con la presa, lui ci dice che se colleghi un limone, questa lampadina potrebbe illuminarsi, ma affinché si illumini, bisogna fare un atto di fede, d’emozione, allora se riesci ad emozionarti, magicamente la lampadina si può illuminare. Tra l’altro, parlando con un esperto, mi fu detto che un limone veramente potrebbe dare energia ad una lampadina, quindi Beuys non aveva detto una sciocchezza però tutti l’avevano preso per un visionario; quella Capri batterie che è stata fatta in 250 esemplari, è un’opera che oggi vale 25/30.000 euro ed è molto ricercata perché è una delle opere più emblematiche dell’arte degli anni ’80. Tornando a Kaos 48 quando io e Stefano ragionavamo, mi sono detto “si tutto questo è bellissimo ma non possiamo rifare tutte le solite cose, tra l’altro fatte anche in maniera egregia; finiamola di considerare “contemporanei” artisti che ormai non lo sono più e concentriamoci sui giovani o su coloro che non hanno, per motivi vari, possibilità di esporre facilmente. Si può dire pertanto che Kaos 48 sia nato con il preciso intento di dire “facimm o quarantotto” ma facciamolo con forze e materiale nuovo e con persone nuove.
Stefano: Ripartiamo visto che si è fermato tutto a dopo gli anni 70, 80 e 90, a parte qualche rara eccezione.
Rosa Maria: Quindi voi siete ripartiti da dove si era fermato Lucio Amelio, prendendo come insegnamento tutto ciò che lui realizzato, ma dando una svolta diversa, più vicina al vostro pensiero attuale.
Stefano: Si perchè lì c’era la centralità di Lucio, noi invece cerchiamo la condivisione, empatia questo è il nostro sogno.
Fabrizio: Kaos 48 é nato con il concetto di condivisione, un concetto molto forte. Poi abbiamo conosciuto una terza persona, che ne fa parte, Paola Cimmino, una valente giovane donna con animo creativo e molto dotata in alcuni aspetti che noi magari non avremmo tempo né di imparare né di fare. Perciò decidemmo di farla entrare nel progetto.
Stefano: Paola è giovane e ha desiderio, come tanti giovani, di trovare una strada come la stiamo cercando anche noi.
Fabrizio: Non finiamo mai di cercare la nostra strada infatti una delle cose che ho imparato da Lucio Amelio é che la cosa più importante nella vita non è il sapere già acquisito, ma la curiosità, se tu non sei curioso non capirai mai nulla, se tu per strada vedi una cosa che ti piace devi fermarti a capire cosa é.
Rosa Maria: Empatia, condivisione concetti attualissimi alla base della vostra visione. In che modo pensate di riallacciarvi all’eredità degli ultimi decenni del secolo scorso?
Stefano: piú che riprendere qualcosa noi vogliamo colmare un vuoto, qualcosa che manca, non vogliamo rifare la galleria a modo nostro, noi desideriamo che si riparta da qualche punto perché cosi non va bene.
Rosa Maria: Napoli come ha reagito alle vostre provocazioni?
Stefano: Siamo proprio all’inizio queste sono le prime battute.
Rosa Maria: Quindi non c’é stato ancora il tempo di esprimervi, di far conoscere il vostro messaggio rivoluzionario.v Fabrizio: No, ma anche chi ci conosce ci sta ignorando.
Rosa Maria: Occorre tempo…
Fabrizio: ma va bene così sono contento così.
Stefano: A Napoli tutti stanno là e stanno bene attenti e accorti a lasciare le cose così come sono. Napoli dovrebbe essere una delle città importanti del mondo ma se vai a vedere le classifiche c’é Londra, Parigi, Amsterdam, Berlino molto in fondo Milano, Roma e Napoli che addirittura viene messa dopo città come Tolosa, noi siamo spariti come notorietà di città nel mondo.
Rosa Maria: Anche da un punto di vista artistico e culturale?
Stefano: Assolutamente si. E’ tutto collegato e quindi noi abbiamo pensato di rivolgerci a quelle comunità che sono ricettive e desiderose di fare qualcosa. Noi vogliamo andare oltre la città di Napoli anzi la consideriamo poco ora, noi questa mostra che ora è stata allestita nell’ex Carcere borbonico ad Avellino, Kaos antitesi del silenzio, la porteremo a Pesaro e poi Fabrizio dice Milano anche se a me non piace, poi sicuramente Londra, Berlino. Andiamo oltre per poi ritornare.
Rosa Maria: Nel panorama internazionale, secondo voi, l’arte oggi riesce a esprimere qualcosa di nuovo, innovativo, qualcosa al passo con i tempi?
Fabrizio: Gocce, gocce nel mare perché non ci sono correnti. Sono gocce sparse però c’è il mondo orientale a cui pochi danno retta, ma in realtà sta sfornando una serie di artisti bravissimi.
Rosa Maria: Secondo voi questa nuova pandemia che ha sconvolto il mondo intero potrà influire negativamente o positivamente nel rilancio della cultura, dell’espressione artistica?
Stefano: io l’ho proprio ignorata la pandemia. Per me é come se non ci fosse mai stata certo la subisco economicamente ma nel discorso dell’arte no. Molti hanno iniziato a fare tutte opere sulla pandemia ci sarà un momento in cui ci sarà una rivisitazione, la gente ha subito, ha avuto delle emozioni però sulla base malata.
Fabrizio: Adesso è troppo presto per una valutazione e secondo me molte cose sono state fatte su una base di ipocrisia, di opportunità, non è stata ancora metabolizzata.
Rosa Maria: Quindi la mostra che voi avete proposta alla Soprintendenza non ha nulla a che fare con il Kaos e il silenzio provocati dal Covid19.
Stefano: Ma no, da big bang all’inizio dell’universo quello si.
Fabrizio: Infatti noi descriviamo il Kaos come genesi di qualcosa.
Rosa Maria: E’ un progetto nato prima della pandemia ma poteva essere rapportato al Kaos che abbiamo vissuto.
Fabrizio: Si é provato ad esistere durante la pandemia.
Stefano: Qualcuno poi ci può giocare e può anche andare bene, ma l’esistenza viene da un punto materiale inesistente, quindi un big bang, che ha generato nel caso tutte le nostre storie; per esempio il formicolio del televisore hanno scoperto essere il rumore di fondo del big bang, su quel formicolio c’é stata la storia del tutto e quello é il caos. Ma l’uomo resta sempre il centro, fondamentalmente siamo tutte cellule molto sole.
Rosa Maria: …la pandemia ha esasperato la solitudine di ognuno di noi.
Stefano: Tutti noi siamo chiusi nel nostro piccolo mondo, nelle nostre percezioni e siamo completamente assopiti, come una rana che se messa in una pentola con acqua calda lei schizza fuori, ma se la metti nell’acqua fredda e accendi la fiamma quando la rana inizierà a sentire l’acqua calda sarà troppo tardi per muoversi, perché i suoi muscoli non funzioneranno più e morirà; rischiamo di subire questo.
Fabrizio: Tornando alle nuove correnti io non escludo che ci sia gente che la pensi come Kaos48, magari noi non sappiamo. Del resto altri non sanno che esiste Kaos 48, stranamente la globalizzazione ha isolato ancora di più, ci ha reso più soli.
Rosa Maria: Qual è l’idea centrale della mostra Kaos antitesi del silenzio, cosa esprime esattamente il titolo che le avete attribuito?
Fabrizio: Il tema iniziale era il silenzio peró, nel momento in cui ci siamo riproposti di fare una cosa che non si fa molto spesso, cioè di creare una mostra di arti varie (pittura, scultura, fotografia, installazioni) perché solitamente o si fa tutta scultura o tutta pittura o tutta fotografia, sia come collettive che personali, ci siamo resi conto che questo tema necessitava di un filo comune. Questa mostra era nata inizialmente come mostra fotografica, poi per discordanze varie non l’abbiamo più realizzata dove avremmo dovuto, secondo degli accordi precedenti. Quando poi si é creata questa opportunità, una bellissima opportunità perché l’ex carcere borbonico di Avellino é una cosa straordinaria, abbiamo pensato di allargarla a 48 artisti di tutte le forme.
Rosa Maria: Perché Avellino?
Fabrizio: Perché é abbastanza vicino a Napoli ma poi é un posto talmente affascinante e bello che ne siamo rimasti abbagliati; io appena sono entrato nell’ex carcere borbonico la prima sensazione é stata quella di sentire delle voci.
Stefano: Avellino perché noi a Napoli siamo nella posizione peggiore quindi cominciamo a cercare altre comodità.
Rosa Maria: Questa é una mostra itinerante e voi avete scelto di partire proprio da Avellino.
Stefano: Dove abbiamo percepito l’aspetto di comunità, partecipa la comunità.
Fabrizio: Noi il cerino non lo possiamo accendere dove il terreno é bagnato, la metafora é proprio questa perciò Avellino, anche perché ci sembrava giusto cominciare da un posto Campano e la comunitá Irpina la vediamo particolarmente ricettiva. Poi gireremo, abbiamo contatti con Carbernardi per portarla all’ex miniera di zolfo e poi man mano vedremo. La capostipite é Avellino e chiaramente questo resterà per sempre.
Stefano: Ma nella ripartenza di questo ciclo, questo va detto, c’era un evento mai realizzato per problemi legati alla pandemia, che si chiamava “New York-Napoli solo andata” che non escludiamo prima o poi di proporre.
Fabrizio: Questo evento era stato pensato per unire passato e presente da una linea immaginaria che unisce attraverso una nota strada napoletana (Spaccanapoli) due gallerie, una situata nel Centro Storico in un posto meraviglioso, dal nome Off Gallery ed una invece in pieno Centro Direzionale ovvero Area35mm, posto tipicamente più che moderno: ecco questa linea rappresenta la continuità tra un recente passato e la voglia di ricominciare e questa mostra, attraverso del materiale “storico” ed opere realizzate da artisti nuovi ed attuali, segnerebbe una continuità spazio temporale tra recente passato e presente/futuro. New York Napoli solo andata perché siamo estremamente convinti che qui si possa ancora ripetere la magia di avere degli artisti stranieri che personalizzino la loro produzione in napoletana.
Rosa Maria: Questo é il vostro progetto per il futuro?
Fabrizio: E’ un progetto che abbiamo giá completato dobbiamo aspettare il momento giusto per proporlo. L’idea fondamentale era dire il passato c’é alle nostre spalle e non lo rinneghiamo, anzi ne siamo orgogliosi, peró stiamo camminando verso il futuro: questa é la vera idea di New York- Napoli. Con questo passaggio dal centro storico al centro direzionale post moderno, post industriale, dove ci stavano degli artisti un pó particolari e situazione un pó particolari l’idea era proprio dire “ci stiamo muovendo”.
Stefano: Questa era un’idea pre covid.
Fabrizio: Avremmo dovuto realizzarla il 28 marzo del 2020, purtroppo ci ha fermato il lock-down.
Rosa Maria: Progetti per e nella cittá di Napoli?
Stefano: Non solo Napoli ma anche attivare i borghi, le piccole province dove in un futuro ci potrebbe essere il pensiero di Kaos 48 dove la gente incontra l’arte.
Fabrizio: Abbiamo iniziato da una galleria a fare piccoli contest fotografici poi é arrivata la pandemia e quindi ci siamo inventati la mostra pandemica, 4 mostre virtuali, abbiamo esposto le opere posizionandole in 3D ed é stato un modo per far parlare d’arte durante il lock-down, infatti i giornali online ci hanno ripreso, seguito. E’ stato quindi un modo per dire ci siamo, continuiamo ad esistere, non ci ferma la pandemia.
Rosa Maria: La mostra di Avellino é nata come silenzio…
Fabrizio: Essendo una mostra di arti di vari generi e quindi difficili da legare, ci sarà anche una proiezione sul silenzio di 17 minuti con le musiche di Alessandro Longo a loop e anche il conservatorio di Avellino parteciperà con un contributo musicale.
Stefano: Abbiamo collegato il silenzio all’origine dell’universo, prima del mondo c’era il silenzio quindi é tutto unito, ciclico quindi tutto con un senso non banale.
Rosa Maria: …trasformato successivamente in “Kaos antitesi del silenzio forma spazio tempo”
Fabrizio: Pittura, scultura e fotografia.
Rosa Maria: E invece la scelta degli artisti…
Fabrizio: Sono stati scelti artisti ai quali é stato spiegato il progetto.
Stefano: Noi non abbiamo selezionato, non abbiamo avuto nessuno che non volesse partecipare.
Rosa Maria: Cosa vi ha convinto maggiormente degli artisti aderenti e scelti.
Fabrizio: L’entusiasmo dimostrato ed il modo di abbracciare il progetto queste sono state le cose importanti.
Fabrizio: L’entusiasmo
Stefano: La forza e la congruenza con quello che é il progetto, quelli che hanno espresso meglio i concetti perché li abbiamo lasciati liberi. Ci sono temi importanti, ad esempio un’artista ha fatto outing attraverso una foto quindi un urlo, una persona che sta in silenzio che soffre perché non si ritrova nel corpo che ha e quindi urla di disperazione. Tutti gli artisti sono collegati.
Rosa Maria: Oggi con Fabrizio e Stefano abbiamo raccontato un’idea, un progetto artistico, una mostra ma soprattutto una storia anzi due storie di persone che attraverso alterne vicende si sono ritrovate, raccogliendo un’eredità forte della Napoli culturale degli ultimi decenni del novecento, a ri-scoprirsi e a ri-nascere grazie alla magia dell’arte. Vi ringrazio per la disponibilità, per aver raccontato la parte più vera di voi e per il vostro impegno nel mondo dell’arte e della cultura.
Fabrizio e Stefano: Grazie a te Rosa Maria per la bella chiacchierata e per aver permesso di guardarci dentro e di esprimere cose ancora non dette quasi mai (o mai) a noi stessi, ma sicuramente mai raccontate pubblicamente. Merito tuo se per la prima volta ci siamo “confidati” ad alta voce.
Rosa Maria: Quanto tempo fa è sorta questa esigenza?
Stefano: Una decina di anni fa. Fino a quel momento non c’era mai stato un approccio con l’arte. Ho sempre fatto fotografia però secondo me ero molto lontano, lontanissimo; non che oggi sia vicino, però ero perso, adesso forse ho iniziato a trovare la via, una via già intrapresa con la vicinanza per motivi di lavoro con i grandi artisti della fotografia. Incontrare poi Fabrizio mi ha permesso di entrare nella vita di Lucio Amelio e di pormi così nuove domande, rendendo più maturo questo percorso.
Rosa Maria: Nell’arte hai trovato le risposte che cercavi?
Stefano: Penso di si, la risposta è l’arte. Sono affascinato soprattutto dal pensiero di Joseph Beuys, in cui mi ci ritrovo tantissimo. Lui subì in un primo momento tutta l’influenza della cultura e dell’indottrinamento nazista, poi scoprì che c’e’ l’universo, la gente, la circolarità della natura. Quello di cui noi oggi abbiamo bisogno è tornare alla centralità dell’uomo e soprattutto alle cose importanti della vita. Tutti stiamo avendo la sensazione di essere fuori posto, di essere scollegati dalla vita e noi di Kaos 48 pensiamo che l’arte possa essere il lumino, il faro che, come nell’ abbrivio della navigazione, ci possa portare alla riscoperta dell’essere.
Rosa Maria: Il percorso comune agli amici di kaos, a Fabrizio, ti ha reso più consapevole e ha agevolato il cammino verso il faro della verità e dell’arte?
Stefano: pienamente perchè ho un mondo infinito di sensazioni ma soprattutto l’allenamento ad andare su una strada diametralmente opposta a quella che la società’, i grandi media ci propongono. Noi viviamo in un mondo dove veniamo osservati, controllati. Tutto si sa su di noi e ci indottrinano con strumenti quali Tik Tok, Whatsapp, etc etc. Anche io sono una vittima di queste cose, ci cado anche un po’ volutamente per capire. Dobbiamo uscire da questo mondo che facilita lo sviluppo dell’ego. La soluzione è andare in presenza anche attraverso la cultura e tornare ad emozionarsi davanti ad un’opera d’arte. Con Fabrizio da ragazzi siamo cresciuti insieme e grazie a Pier Paolo, altro amico nostro che oggi risiede negli Stati Uniti ed è un grande ricercatore medico, un pezzo da novanta nell’ambito della ricerca sul cancro, ci siamo ricollegati.
Fabrizio: Ho fatto degli studi classici, in seguito ho deciso di intraprendere studi scientifici all’università che mi hanno portato a tutt’altro. Dal punto di vista lavorativo sono sempre stato molto irrequieto. Per 12 anni ho fatto l’agente immobiliare con 2 agenzie, un bel lavoro direi ma un giorno mi sono reso conto che mi annoiavo, ho chiuso tutto da un giorno all’altro e ho cambiato lavoro. In seguito ho iniziato a fare un lavoro ancora più tecnico, 10 anni con Telecom e altre compagnie. Mi occupavo della progettazione della linea dati per le aziende realizzando ottimizzazioni e miglioramenti di linee dati e telefoniche. Dopo 10 anni ho detto basta anche stavolta. Una mattina mi alzai, mi guardai allo specchio e mi dissi: “non mi piaccio”. Dovevo fare qualcosa e decisi di cambiare tutto, chiusi la partita iva. Ho pensato: in questo momento posso sperimentare, faccio un anno sabbatico. In questo periodo ho rincontrato Stefano. Per tutta la mia vita sono stato, prima mio malgrado e poi dopo piacevolmente, coinvolto nel mondo dell’arte. Basti pensare che sono stato concepito a Barcellona quando mia mamma e mio padre sono andati a recuperare Lucio Amelio che era caduto e si era rotto il femore. Quest’uomo nella mia vita ha cominciato ad essere presente ancor prima che io nascessi, gia questa è una cosa particolare.v Rosa Maria: Parlaci di Lucio Amelio.
Fabrizio: Lucio Amelio era il fratello di mia mamma Giuliana, una famiglia di 4 sorelle e 1 fratello, ed e’ stato uno dei più grandi galleristi dell’arte contemporanea degli anni 70/ 80 fino agli inizi degli anni 90. Ha creato eventi, emozioni, non ha fatto il semplice gallerista, non era solo un mercante ma era uno scopritore di talenti, un uomo molto geniale e creativo. Agli inizi della sua carriera, ma direi anche durante tutto l’arco della sua vita, frequentava molto casa di mia madre, con cui aveva un legame empatico molto forte. Quando avevo 5 anni spiegava a me ed a mia sorella Rossella che i quadri non si appendono al muro ma necessitano di un’installazione. Io a 5 anni non è che riuscissi a cogliere ciò che mi voleva trasmettere, poi con gli anni tutto pian piano, è riaffiorato. Alla fine degli anni 60, a quell’epoca lui cominciava quella che si rivelò poi essere la sua splendida avventura artistica, e fino ai 13-14 anni non riuscivo a comprendere appieno, in apparenza, gli stimoli che mi giungevano da quest’uomo, perché ero preso dalle problematiche dell’età. Lui si presentava la domenica a casa in media alle 4 del pomeriggio, spesso anche con il buio, facendoci cenare più che pranzare ostacolando quelli che erano i miei programmi adolescenziali della domenica. Ora lo ringrazio. A 14 anni mi ha portato a vedere la Gatta Cenerentola, quella storica con Concetta Barra. Mi ricordo ancora adesso come la interpretarono, il ricordo mi è rimasto indelebile e pertanto gli sarò eternamente grato. Poi piano piano ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo, ho iniziato a guardarli questi quadri, finalmente, perché io prima non li guardavo e soprattutto ho cominciato a vedere gli artisti in una forma differente, perché venivano a mangiare a casa di mia madre e mio padre ed io mi nutrivo del loro pensiero, o almeno ci provavo. Nonostante questa inconsapevole formazione artistica, rimasta silente dentro di me dai 12 ai 30 anni, una cosa la dicevo sempre non farò mai quello che fa mio zio. In seguito ho capito che quello che effettivamente ha realizzato, era qualcosa di irripetibile, un po’ per i tempi, un po’ per la sua genialità. Negli anni ’80 ci fu l’incontro di Lucio Amelio con Beuys e Warhol a Napoli. Al City hall, noto locale del geniale Dino Luglio, ci fu l’incontro post mostra dove anch’io, adolescente, partecipai senza capire fino in fondo cosa stessi vivendo. Dopo i 20 anni ho iniziato a rendermi conto dell’esperienza fatta con lui, ma purtroppo la malattia se lo portò via troppo presto, più o meno io avevo 30 anni, ma comunque per un motivo o per un altro, il mio rapporto con l’arte continuò, anche attraverso mia madre che in qualche modo si è trovata investita insieme alle sue sorelle Anna e Lina, nella gestione di un patrimonio artistico e morale che l’uomo Lucio Amelio aveva comunque lasciato: poi, qualche fa, io e Stefano ci incontrammo di nuovo e da qui parte tutto.
Rosa Maria: Quindi il vostro sodalizio artistico nasce?
Fabrizio: Nasce 3 anni fa.
Rosa Maria: e da questo sodalizio nasce l’associazione Kaos 48…
Fabrizio: Innanzitutto fu pensato, perchè noi abbiamo passato intere nottate a parlare.
Stefano: Kaos 48 adesso è un’associazione, ma in realtà è un movimento.
Rosa Maria: Un movimento artistico che nasce evidentemente da un’idea rivoluzionaria di rottura con il passato e con il mondo circostante: fare “o quarantotto”.
Fabrizio: Si perchè di notte tra un drink e l’altro, durante serate nel Lounge Bar che Stefano ha al Centro Direzionale di Napoli, abbiamo fantasticato, con la mente prima e progettato nella realtà poi, Kaos 48.
Stefano: Si tratta di un’Art Visual House che è in fase di trasformazione. Lo trasformeremo in una gastronomia però con all’interno una galleria d’arte: il tutto con pochi tavoli quindi non a scopo di lucro, ma una factory vera e propria dove le persone come noi si possano incontrare e stare insieme.
Fabrizio: Di notte quindi parlavamo e Stefano fece una domanda che mi hanno fatto centinaia di persone: perché tu non hai mai proseguito l’attività di tuo zio? Io non ho mai risposto a nessuno perché per me la risposta era ovvia, cioè non puoi ripetere le gesta di un uomo che è stato cosi grande. Poi parlando parlando, stimolando le corde giuste, perchè ci stimolavamo a vicenda, abbiamo scoperto che si poteva fare qualcosa inerente all’arte, anche se in maniera diversa, non facendo la classica galleria.
Rosa Maria: In effetti riprendere e proseguire l’attività di zio Amelio esattamente da dove era stata interrotta, per giunta senza il suo genio, e riproporla in tempi e situazioni artistiche diverse non sarebbe stata una scelta appropriata, in contrasto evidentemente anche con il progetto rivoluzionario alla base del vostro movimento.
Stefano: Un po’ quello che fanno ormai tutti, ce ne sono già troppi.
Fabrizio: Tutti e due concordammo sul fatto che oggi non c’è movimento, è tutto statico, ci si limita spesso a fare solo il commercio sul preesistente, non cercando nuove correnti, nuovi stimoli. L’artista spesso non ha un ruolo centrale, limitandosi solo a mere, ma forse anche giuste, questioni di mercato. Per noi l’artista deve tornare ad avere un ruolo creativo e poi viene tutto il resto. Per realizzare ciò l’unico modo è quello di affermare il concetto di condivisione delle idee. La condivisione perché unendo creatività per aree di competenza, significa fare meglio e prima. Conta il risultato e non l’egocentrismo che facilmente potrebbe emergere. Poi “‘o quarantotto” per due motivi, uno “facimm o quarantotto’’ e poi perche’ 48 significa ‘’o morto che parla’’. Napoli, non a caso, è una citta che viene data sempre per morta ma parla sempre; quindi noi vogliamo continuare a parlare perché non ci sembra giusto stare zitti e farci scivolare tutto.
Stefano: Soprattutto raccogliere le voci di quelli che si sentono isolati.
Rosa Maria: Sappiamo infatti che nel campo dell’arte è estremamente complesso farsi spazio, far sentire la propria voce: anche questo è una rivoluzione.
Stefano: Guarda noi andiamo ancora più nel profondo, sulla manifestazione dell’uomo, la centralità, siamo noi il nostro pensiero anche di come ci poniamo di fronte al creato, ed ecco Beuys che ha un punto di vista molto interessante, potrebbe essere la salvezza del mondo.
Rosa Maria: Beuys è l’artista che più di tutti torna nei vostri racconti. E’ il vostro più autorevole punto di riferimento artistico?
Fabrizio: E’ stato l’artista che più in assoluto ha frequentato mio zio, innamorato anche lui di Capri come Lucio, sepolto a Capri non a Napoli per sua scelta, affermando infatti che Napoli non lo meritava e forse aveva anche ragione. Tornando a Beuys, la prima volta che e’ venuto a mangiare a casa di mia madre ho pensato questo e’ un pazzo, se lo guardavi con l’ottica dell’uomo di tutti i giorni, quindi superficialmente, non coglievi la sua profondità: basti dire che prima aveva fatto parte dei giovani nazisti poi abbracciò la sinistra radicale estrema, infine diventò un Verde convinto e poi infine disse che la politica era una merda e che se l’uomo non si libera della politica non può essere un essere libero. Beuys era un estremo concettuale quindi ci voleva un pò per capirlo. Nella Capri Batterie, opera di Beuys formata da una lampadina gialla un porta lampada con la presa, lui ci dice che se colleghi un limone, questa lampadina potrebbe illuminarsi, ma affinché si illumini, bisogna fare un atto di fede, d’emozione, allora se riesci ad emozionarti, magicamente la lampadina si può illuminare. Tra l’altro, parlando con un esperto, mi fu detto che un limone veramente potrebbe dare energia ad una lampadina, quindi Beuys non aveva detto una sciocchezza però tutti l’avevano preso per un visionario; quella Capri batterie che è stata fatta in 250 esemplari, è un’opera che oggi vale 25/30.000 euro ed è molto ricercata perché è una delle opere più emblematiche dell’arte degli anni ’80. Tornando a Kaos 48 quando io e Stefano ragionavamo, mi sono detto “si tutto questo è bellissimo ma non possiamo rifare tutte le solite cose, tra l’altro fatte anche in maniera egregia; finiamola di considerare “contemporanei” artisti che ormai non lo sono più e concentriamoci sui giovani o su coloro che non hanno, per motivi vari, possibilità di esporre facilmente. Si può dire pertanto che Kaos 48 sia nato con il preciso intento di dire “facimm o quarantotto” ma facciamolo con forze e materiale nuovo e con persone nuove.
Stefano: Ripartiamo visto che si è fermato tutto a dopo gli anni 70, 80 e 90, a parte qualche rara eccezione.
Rosa Maria: Quindi voi siete ripartiti da dove si era fermato Lucio Amelio, prendendo come insegnamento tutto ciò che lui realizzato, ma dando una svolta diversa, più vicina al vostro pensiero attuale.
Stefano: Si perchè lì c’era la centralità di Lucio, noi invece cerchiamo la condivisione, empatia questo è il nostro sogno.
Fabrizio: Kaos 48 é nato con il concetto di condivisione, un concetto molto forte. Poi abbiamo conosciuto una terza persona, che ne fa parte, Paola Cimmino, una valente giovane donna con animo creativo e molto dotata in alcuni aspetti che noi magari non avremmo tempo né di imparare né di fare. Perciò decidemmo di farla entrare nel progetto.
Stefano: Paola è giovane e ha desiderio, come tanti giovani, di trovare una strada come la stiamo cercando anche noi.
Fabrizio: Non finiamo mai di cercare la nostra strada infatti una delle cose che ho imparato da Lucio Amelio é che la cosa più importante nella vita non è il sapere già acquisito, ma la curiosità, se tu non sei curioso non capirai mai nulla, se tu per strada vedi una cosa che ti piace devi fermarti a capire cosa é.
Rosa Maria: Empatia, condivisione concetti attualissimi alla base della vostra visione. In che modo pensate di riallacciarvi all’eredità degli ultimi decenni del secolo scorso?
Stefano: piú che riprendere qualcosa noi vogliamo colmare un vuoto, qualcosa che manca, non vogliamo rifare la galleria a modo nostro, noi desideriamo che si riparta da qualche punto perché cosi non va bene.
Rosa Maria: Napoli come ha reagito alle vostre provocazioni?
Stefano: Siamo proprio all’inizio queste sono le prime battute.
Rosa Maria: Quindi non c’é stato ancora il tempo di esprimervi, di far conoscere il vostro messaggio rivoluzionario.v Fabrizio: No, ma anche chi ci conosce ci sta ignorando.
Rosa Maria: Occorre tempo…
Fabrizio: ma va bene così sono contento così.
Stefano: A Napoli tutti stanno là e stanno bene attenti e accorti a lasciare le cose così come sono. Napoli dovrebbe essere una delle città importanti del mondo ma se vai a vedere le classifiche c’é Londra, Parigi, Amsterdam, Berlino molto in fondo Milano, Roma e Napoli che addirittura viene messa dopo città come Tolosa, noi siamo spariti come notorietà di città nel mondo.
Rosa Maria: Anche da un punto di vista artistico e culturale?
Stefano: Assolutamente si. E’ tutto collegato e quindi noi abbiamo pensato di rivolgerci a quelle comunità che sono ricettive e desiderose di fare qualcosa. Noi vogliamo andare oltre la città di Napoli anzi la consideriamo poco ora, noi questa mostra che ora è stata allestita nell’ex Carcere borbonico ad Avellino, Kaos antitesi del silenzio, la porteremo a Pesaro e poi Fabrizio dice Milano anche se a me non piace, poi sicuramente Londra, Berlino. Andiamo oltre per poi ritornare.
Rosa Maria: Nel panorama internazionale, secondo voi, l’arte oggi riesce a esprimere qualcosa di nuovo, innovativo, qualcosa al passo con i tempi?
Fabrizio: Gocce, gocce nel mare perché non ci sono correnti. Sono gocce sparse però c’è il mondo orientale a cui pochi danno retta, ma in realtà sta sfornando una serie di artisti bravissimi.
Rosa Maria: Secondo voi questa nuova pandemia che ha sconvolto il mondo intero potrà influire negativamente o positivamente nel rilancio della cultura, dell’espressione artistica?
Stefano: io l’ho proprio ignorata la pandemia. Per me é come se non ci fosse mai stata certo la subisco economicamente ma nel discorso dell’arte no. Molti hanno iniziato a fare tutte opere sulla pandemia ci sarà un momento in cui ci sarà una rivisitazione, la gente ha subito, ha avuto delle emozioni però sulla base malata.
Fabrizio: Adesso è troppo presto per una valutazione e secondo me molte cose sono state fatte su una base di ipocrisia, di opportunità, non è stata ancora metabolizzata.
Rosa Maria: Quindi la mostra che voi avete proposta alla Soprintendenza non ha nulla a che fare con il Kaos e il silenzio provocati dal Covid19.
Stefano: Ma no, da big bang all’inizio dell’universo quello si.
Fabrizio: Infatti noi descriviamo il Kaos come genesi di qualcosa.
Rosa Maria: E’ un progetto nato prima della pandemia ma poteva essere rapportato al Kaos che abbiamo vissuto.
Fabrizio: Si é provato ad esistere durante la pandemia.
Stefano: Qualcuno poi ci può giocare e può anche andare bene, ma l’esistenza viene da un punto materiale inesistente, quindi un big bang, che ha generato nel caso tutte le nostre storie; per esempio il formicolio del televisore hanno scoperto essere il rumore di fondo del big bang, su quel formicolio c’é stata la storia del tutto e quello é il caos. Ma l’uomo resta sempre il centro, fondamentalmente siamo tutte cellule molto sole.
Rosa Maria: …la pandemia ha esasperato la solitudine di ognuno di noi.
Stefano: Tutti noi siamo chiusi nel nostro piccolo mondo, nelle nostre percezioni e siamo completamente assopiti, come una rana che se messa in una pentola con acqua calda lei schizza fuori, ma se la metti nell’acqua fredda e accendi la fiamma quando la rana inizierà a sentire l’acqua calda sarà troppo tardi per muoversi, perché i suoi muscoli non funzioneranno più e morirà; rischiamo di subire questo.
Fabrizio: Tornando alle nuove correnti io non escludo che ci sia gente che la pensi come Kaos48, magari noi non sappiamo. Del resto altri non sanno che esiste Kaos 48, stranamente la globalizzazione ha isolato ancora di più, ci ha reso più soli.
Rosa Maria: Qual è l’idea centrale della mostra Kaos antitesi del silenzio, cosa esprime esattamente il titolo che le avete attribuito?
Fabrizio: Il tema iniziale era il silenzio peró, nel momento in cui ci siamo riproposti di fare una cosa che non si fa molto spesso, cioè di creare una mostra di arti varie (pittura, scultura, fotografia, installazioni) perché solitamente o si fa tutta scultura o tutta pittura o tutta fotografia, sia come collettive che personali, ci siamo resi conto che questo tema necessitava di un filo comune. Questa mostra era nata inizialmente come mostra fotografica, poi per discordanze varie non l’abbiamo più realizzata dove avremmo dovuto, secondo degli accordi precedenti. Quando poi si é creata questa opportunità, una bellissima opportunità perché l’ex carcere borbonico di Avellino é una cosa straordinaria, abbiamo pensato di allargarla a 48 artisti di tutte le forme.
Rosa Maria: Perché Avellino?
Fabrizio: Perché é abbastanza vicino a Napoli ma poi é un posto talmente affascinante e bello che ne siamo rimasti abbagliati; io appena sono entrato nell’ex carcere borbonico la prima sensazione é stata quella di sentire delle voci.
Stefano: Avellino perché noi a Napoli siamo nella posizione peggiore quindi cominciamo a cercare altre comodità.
Rosa Maria: Questa é una mostra itinerante e voi avete scelto di partire proprio da Avellino.
Stefano: Dove abbiamo percepito l’aspetto di comunità, partecipa la comunità.
Fabrizio: Noi il cerino non lo possiamo accendere dove il terreno é bagnato, la metafora é proprio questa perciò Avellino, anche perché ci sembrava giusto cominciare da un posto Campano e la comunitá Irpina la vediamo particolarmente ricettiva. Poi gireremo, abbiamo contatti con Carbernardi per portarla all’ex miniera di zolfo e poi man mano vedremo. La capostipite é Avellino e chiaramente questo resterà per sempre.
Stefano: Ma nella ripartenza di questo ciclo, questo va detto, c’era un evento mai realizzato per problemi legati alla pandemia, che si chiamava “New York-Napoli solo andata” che non escludiamo prima o poi di proporre.
Fabrizio: Questo evento era stato pensato per unire passato e presente da una linea immaginaria che unisce attraverso una nota strada napoletana (Spaccanapoli) due gallerie, una situata nel Centro Storico in un posto meraviglioso, dal nome Off Gallery ed una invece in pieno Centro Direzionale ovvero Area35mm, posto tipicamente più che moderno: ecco questa linea rappresenta la continuità tra un recente passato e la voglia di ricominciare e questa mostra, attraverso del materiale “storico” ed opere realizzate da artisti nuovi ed attuali, segnerebbe una continuità spazio temporale tra recente passato e presente/futuro. New York Napoli solo andata perché siamo estremamente convinti che qui si possa ancora ripetere la magia di avere degli artisti stranieri che personalizzino la loro produzione in napoletana.
Rosa Maria: Questo é il vostro progetto per il futuro?
Fabrizio: E’ un progetto che abbiamo giá completato dobbiamo aspettare il momento giusto per proporlo. L’idea fondamentale era dire il passato c’é alle nostre spalle e non lo rinneghiamo, anzi ne siamo orgogliosi, peró stiamo camminando verso il futuro: questa é la vera idea di New York- Napoli. Con questo passaggio dal centro storico al centro direzionale post moderno, post industriale, dove ci stavano degli artisti un pó particolari e situazione un pó particolari l’idea era proprio dire “ci stiamo muovendo”.
Stefano: Questa era un’idea pre covid.
Fabrizio: Avremmo dovuto realizzarla il 28 marzo del 2020, purtroppo ci ha fermato il lock-down.
Rosa Maria: Progetti per e nella cittá di Napoli?
Stefano: Non solo Napoli ma anche attivare i borghi, le piccole province dove in un futuro ci potrebbe essere il pensiero di Kaos 48 dove la gente incontra l’arte.
Fabrizio: Abbiamo iniziato da una galleria a fare piccoli contest fotografici poi é arrivata la pandemia e quindi ci siamo inventati la mostra pandemica, 4 mostre virtuali, abbiamo esposto le opere posizionandole in 3D ed é stato un modo per far parlare d’arte durante il lock-down, infatti i giornali online ci hanno ripreso, seguito. E’ stato quindi un modo per dire ci siamo, continuiamo ad esistere, non ci ferma la pandemia.
Rosa Maria: La mostra di Avellino é nata come silenzio…
Fabrizio: Essendo una mostra di arti di vari generi e quindi difficili da legare, ci sarà anche una proiezione sul silenzio di 17 minuti con le musiche di Alessandro Longo a loop e anche il conservatorio di Avellino parteciperà con un contributo musicale.
Stefano: Abbiamo collegato il silenzio all’origine dell’universo, prima del mondo c’era il silenzio quindi é tutto unito, ciclico quindi tutto con un senso non banale.
Rosa Maria: …trasformato successivamente in “Kaos antitesi del silenzio forma spazio tempo”
Fabrizio: Pittura, scultura e fotografia.
Rosa Maria: E invece la scelta degli artisti…
Fabrizio: Sono stati scelti artisti ai quali é stato spiegato il progetto.
Stefano: Noi non abbiamo selezionato, non abbiamo avuto nessuno che non volesse partecipare.
Rosa Maria: Cosa vi ha convinto maggiormente degli artisti aderenti e scelti.
Fabrizio: L’entusiasmo dimostrato ed il modo di abbracciare il progetto queste sono state le cose importanti.
Fabrizio: L’entusiasmo
Stefano: La forza e la congruenza con quello che é il progetto, quelli che hanno espresso meglio i concetti perché li abbiamo lasciati liberi. Ci sono temi importanti, ad esempio un’artista ha fatto outing attraverso una foto quindi un urlo, una persona che sta in silenzio che soffre perché non si ritrova nel corpo che ha e quindi urla di disperazione. Tutti gli artisti sono collegati.
Rosa Maria: Oggi con Fabrizio e Stefano abbiamo raccontato un’idea, un progetto artistico, una mostra ma soprattutto una storia anzi due storie di persone che attraverso alterne vicende si sono ritrovate, raccogliendo un’eredità forte della Napoli culturale degli ultimi decenni del novecento, a ri-scoprirsi e a ri-nascere grazie alla magia dell’arte. Vi ringrazio per la disponibilità, per aver raccontato la parte più vera di voi e per il vostro impegno nel mondo dell’arte e della cultura.
Fabrizio e Stefano: Grazie a te Rosa Maria per la bella chiacchierata e per aver permesso di guardarci dentro e di esprimere cose ancora non dette quasi mai (o mai) a noi stessi, ma sicuramente mai raccontate pubblicamente. Merito tuo se per la prima volta ci siamo “confidati” ad alta voce.